Cinque Assi: la musica d’oltreoceano incontra l’impegno sociale nel quarto singolo di Francesco Garolfi

Il quarto singolo cantautorale di Francesco Garolfi, cantante chitarrista, compositore e produttore tra i più interessanti della scena indipendente, può apparire, a un primo ascolto, una fotografia di un rapporto d’amore tormentato. “Cinque Assi”, questo è il titolo del singolo, ha però un più profondo livello di lettura. La canzone, infatti, è uno stimolo alla riflessione sociale, sulla scia dei precedenti singoli di Garolfi, “Sono Solo” e “Abbi Pietà”. Garolfi afferma nuovamente il suo desiderio di fare della canzone uno strumento utile a toccare temi e valori che sente vicini e oggi troppo spesso trascurati. Sulle orme del grande cantautorato della fine degli anni sessanta, sente la scrittura come impegno civile, utile a interrogarsi, riflettere, unire spiriti affini. Sulle orme di quello stesso cantautorato, Garolfi realizza la sua musica come un artigiano, da solo nel suo studio La Gare, con strumenti che lui stesso suona, registra, arrangia e produce, in controtendenza rispetto a un’epoca di campionamenti e autotune. “Cinque Assi” approfondisce anche l’unicità della ricerca musicale di Garolfi, caratterizzata dal mix tra cantautorato e influenze d’oltreoceano, evidenti qui nel ruolo centrale della lap steel guitar (nello stile di David Lindley) e del fingerpicking. Garolfi è “a caccia di verità”, citando la sua canzone “Sono Solo”, e “Cinque Assi” non è soltanto un dialogo con una femme fatale, ma è soprattutto una lettera aperta a una contemporaneità che ammalia e inganna; una realtà che offre promesse che non mantiene e le cui illusioni lasciano spesso ferite profonde, specchi infranti. Una contemporaneità che gioca la sua partita senza scrupoli, in cui i rapporti umani sono spesso espressione di mero utilitarismo. Non è un caso che il videoclip, realizzato anch’esso dallo studio La Gare di Garolfi, esprima questi concetti, mostrando una città deserta, privata di senso e di valori, desolata nella sua assenza di umanità. Come in “Sono Solo”, però, Garolfi lascia una luce accesa: perché un “nostalgico dal cuore fuorilegge” continua a cercare la bellezza, nonostante tutto, ma tiene sempre gli occhi bene aperti.